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Ce n’è sempre uno. C’è sempre il visitatore, lo spettatore, il lettore che fa quello che molti vorrebbero fare, ma non hanno il coraggio di fare. Lui (o lei), invece, si fa coraggio, si accosta all’Autore e gli chiede, papale papale: “Maestro, ma vorrei capire, vorrei sapere… Questa sua opera che cosa vuol dire? Che significato ha?” Il Maestro di turno nicchia, si schermisce, glissa, balbetta, s’impappina, s’incarta…poi magari cede e spesso finisce per dire cose senza senso. Magari risponde solo per narcisismo, ma la verità è che il Maestro non lo sa che cosa rispondere, non lo sa veramente che cosa “significa” l’opera che ha prodotto, sia essa una poesia, un dipinto, una scultura, una musica, perfino un film (ove trattisi, beninteso, di quello che vien detto “film d’autore”). Ma come, dirà chi mi legge, questo ha le traveggole: vuoi che l’autore medesimo non sappia quello che ha fatto? Sarebbe il colmo, no? Se non lo sa lui… Eppure è proprio così, se ci si riflette bene. Se il signor autore avesse ben chiaro in mente quello che ha combinato, quel che “voleva dire”, non pensate che, semplicemente, lo avrebbe detto? Avrebbe scritto una bella spiegazione anziché una poesia, avrebbe scritto un articolo, un saggio, un trattato, magari. E morta lì. Beninteso, l’autore che produce qualcosa di “artistico” ben conosce la “grammatica” della sua arte: sa di metrica e di traslati, se è un poeta; conosce la “vocazione della materia”, se è uno scultore (cioè le potenzialità insite nel materiale prescelto, perché altro è fare una scultura in legno ed altro è farla in pietra); se è un compositore, sa bene la “grammatica” della musica e le opportunità diverse offerte dai vari strumenti. E via di questo passo. Ma quello che ha veramente fatto, non lo sa. Altrimenti, come detto, lo avrebbe semplicemente spiegato a parole, quello che “voleva dire”. Una volta si diceva che al poeta dètta dentro una musa, o più semplicemente si parla di ispirazione. Ma in ogni caso, ciò che agisce in chi compone un’opera d’arte (quale che essa sia) è una “voce” che viene da dentro, che gli fa cambiare dieci volte una parola della sua poesia o del suo racconto (finché non trova quella che “sente” giusta), che lo induce a dare pennellata su pennellata, finché non è soddisfatto (ma non sa perché), finché non trova l’accordo musicale che funziona (ma non sa spiegarsi perché è quello giusto). Eccetera eccetera. Perché dentro di noi agiscono molte intelligenze diverse, non solo quella logico-razionale (che spesso, persino nella nostra vita quotidiana, è la cenerentola delle nostre decisioni). L’intelligenza misteriosa di chi compone un “prodotto” artistico è come una forza inconsapevole, che spesso trascende la volontà e il raziocinio di chi ne è “visitato”. Il quale ultimo, tuttavia, si abbandona ad essa perché sa-percepisce-intuisce che la sua voce di dentro ha ragione, è l’espressione di qualcosa di profondo che alberga nel suo animo, nonché nell’animo dei destinatari, cioè di chi “fruisce” (scusate la brutta parola) dell’opera d’arte. Perciò non lo chiediamo agli autori qual è il “messaggio” (altra parolaccia) della loro opera, perché essi, semplicemente, non lo sanno. Chiediamolo piuttosto agli interpreti professionali, ai critici, agli storici delle arti. O, meglio ancora, chiediamolo a noi stessi, interrogandoci con pazienza e cautela sul perché siamo così incantati di fronte a quella tale opera. E così facendo scopriremo una molteplicità di sensi riposti, una varietà di relazioni e collegamenti, un insieme di richiami e, in una parola, la complessità, che a volte sembra inesauribile, dell’opera che ammiriamo. Ma per piacere, non chiediamolo agli Autori. Sono degli ignoranti. Nel senso che ignorano in parte o in tutto quello che hanno voluto dire. Una musica, una scultura, una poesia, si possono anche pianificare (e in genere lo si fa), ma non è che si progettano propriamente a tavolino. O comunque, il loro “bello” (complessità, fascino, incanto, profondità) si trova altrove. Viene dalla voce che dètta dentro artisti e poeti, non da un mero proposito logico-razionale.
Prof. Ivo Zunica San Marco Argentano, 23 agosto 2021
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