MALAORBICULATA - Prof. Nicola Montanile
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Si sa che la mela è un frutto che si coglie quando è ancora acerbo e, un tempo, - anche i contadini delle nostre zone,-oggi, invece, lo fanno solo nei paesi vesuviani-, facevano dei terrazzamenti e vi mettevano dentro, avvolto nella paglia, il frutto, con la parte acerba rivolta verso il sole e dopo che questa maturava, giravano l’altra metà per completare la maturazione e questo processo veniva detto volgarmente “ ‘A vutate re mele”; essa è il frutto (falso frutto) del melo, appartenente alla famiglia delle Rosaceae ed è originario dell’Asia Centrale e ne esistono più di duemila varietà.
Cresce quasi a ogni latitudine, è facile da conservare ed è disponibile tutto l’anno. Ottima per la salute, “na mela ‘o juorne e te lieve  o mieriche ra tuorne”, rappresenta il primo alimento adatto all’alimentazione del neonato dopo il latte materno.
In latino è conosciuta col nome di “Malaorbiculata” e dalle nostre parti c’erano:  “Ustegne”, “Limuncelle”, “Muscardelle”, “Capecciucce”, “Paulesse”, e la più famosa “Anorcola”, “Annorcola”, e solo nel 1876, apparve sul vocabolario, “Annurca” da “Mala Orcula”, prodotta intorno all’Orco, ovvero Lago d’Averno.
E’ simbolo di fecondità e dell’amore, ma soprattutto dell’immortalità, ed ha ispirato film “Il tempo delle mele”, cantautori, quali Mogol-Battisti “io ti vorrei mela, vera, semplice, spontanea, rilassante”, tuttavia, nella storia dell’umanità ha avuto sempre un ruolo da protagonista in negativo e positivo, che si rinnova nei secoli.

Se il povero Adamo non avesse dato il morso alla mela, sicuramente, non ci sarebbe stata questa maledetta disoccupazione, in compenso, però, fu grazie ad essa che Isaac Newton enunciò la forza di gravità, mentre se ne stava sotto un albero di melo e la su menzionata gli cadde in testa e determinò una ribellione in Svizzera non prima, però, di un problema all’arciere Gugliemo Tell, che, per salvare il proprio figlioletto, sulla cui testa era  posizionata, dovette colpirla con una freccia e non bisogna dimenticare quella avvelenata che provocò la morte di Biancaneve, nella versione cinematografica.

La mela indisse il primo concorso di Miss Universo, conosciuto con il nome di “Pomo della Discordia”, da una idea della Dea Eris, che lanciò la canzone  “Alla più bella”, in occasione del festino matrimoniale, a cui non venne invitata, tra il terreno Peleo e l’immortale Teti,  a cui parteciparono Giunone, Venere e Minerva ed il cui unico giudice doveva essere Giove, ma “’o figl’ è ndrocchia” impegolò il povero Paride, il quale vissuto sempre a contatto  in montagna e soprattutto con pecore, capre e dedito a lavori “manuensi” e pugnanti tutto il giorno, alla fine, scelse le guerre stanche per potersi togliere “ ‘a famme a ncuolle” e così una povera Troia ne pagò le spese.

Fra le dodici fatiche del mitico Ercole c’era anche quella di rubare le mele d’oro nel giardino degli Esperidi, lottando contro un drago, acquisendo così, ad impresa compiuta, l’immortalità e d’altronde Alessandro Magno scoprì in India delle mele che prolungavano la vita dei sacerdoti fino a 400 anni e, inoltre, quel furbacchione di Melione, per battere la fondista e velocista Atalanta, pensò di mettere lungo il percorso mele, di modo che, la raggirata, per raccoglierle, in quanto gli piacevano, rallentava la corsa e quindi perse la gara ed il primato.
Eppure  una leggenda celtica narra che il dio Lung porta in dono al dio Carnac un ramo dell’Altro Mondo: è adorno di tre mele come insegna di legalità, ma c’è un profondo contrasto ricordando che Al Capone quando venne arrestato, all’uscita del tribunale, comprò una mela pagandola il più del dovuto.

Certamente la mela non poteva non interferire nel campo sessuale della diversità e lo fa con il filosofo greco Platone e il concetto “l’altra metà della mela”, asserendo che Zeus punì gli esseri “doppi” che vivono felici con due metà uguali (uomo –uomo, uomo –femmina e femmina – femmina) tagliandoli in due come mele e costretti per condanna a cercare l’altra propria metà.
ecompare una mela bacata, mentre Renè Magritte, nel suo quadro “La grande guerra”, il viso di un uomo è coperto da una mela simboleggiando l’annullamento della identità delle persone che viene perpetuato dalla guerra.

Ma la mela ha dato vita anche a “Loghi famosi”, come quello delle “Apple”, che ha come simbolo la mela con un morso, dovuto in base ad alcune teorie perché Steve Jobs rimase colpito da una copertina di un LP dei Beatles con una mela, secondo altri perché lo stesso, divenuto vegetariano, mangiasse solo mele o perché il logo si ricollega al suicidio di Alan Turing con una mela imbevuta di cianuro per terminare con la teoria che la scelta era per far capire che utilizzare i prodotti delle Apple fosse facile quanto mangiare una mela e che dire della “Grande mela”, ovvero New York , quando i jazzisti degli anni 80, nel loro gergo chiamavano “mele” le città? Da qualche parte si legge pure che a dare il nome  ad Avella sia stato re Artù, passando per le nostre zone e di ritorno da Avallon, l’ “isola delle mele”, dove era stato in convalescenza, assistito dalla sorella Morgana,  per le ferite riportate, dopo la battaglia di Camelot.

In effetti il termine inglese “apple” e quello tedesco “apfel” vengono dalla radice indoeuropea “abel”, per cui potrebbe essere valida questa teoria, anche perché quando gli etruschi arrivarono nel nostro paese, trovarono molte mele che loro chiamavano  “Abblona” poi “abella”, ed, infine, Avella.
In conclusione, vista la situazione è proprio il caso di dire “Astipe ‘o milo pe quanno te vene sete”, alias “Conserva la mela per quando avrai sete”, oppure “Na mela vermenosa ne ‘nfraceta ‘nu muntone”, ovvero “Basta una sola mela marcia per rendere marce tutte quelle buone”.