Architetto e ingegnere urbanista, nacque a Napoli il 12 marzo 1851 da Giacomo Enrico Young, possidente scozzese trasferitosi nella nostra città dall’ India, e da Elisabetta Swinhoe, nata a Calcutta.
Progettò e costruì il Parco Grifeo col Castello Aselmeyer, villa Ebe, la sede dell’Istituto Grenoble a via Crispi. Geniale e “visionario”, progettò, fra l’altro, la prima linea metropolitana di Napoli e il “Rione Venezia” (di cui all’articolo dell’ing. Paola Morgese, che ringraziamo vivamente per il suo contributo), purtroppo mai realizzati.
Troppo “avanti” per i suoi tempi, dovette scontare l’incomprensione, se non l’ostilità, della classe dirigente contemporanea. Morì nel 1929 suicida nella sua ultima residenza, villa Ebe.
[Napolinternos]
Il castello Aselmeyer al c.so Vittorio Emanuele, Napoli. Fu la residenza di Lamont Young, prima di essere ceduto al banchiere Carlo Aselmeyer.
Da "Pezzi di cioccolato" di Paola Morgese, CreateSpace, USA, 2017
“I nuovi urbanisti, progettisti, affaristi hanno dovuto faticare ben poco per inventarsi una nuova destinazione d’uso dell’area. Hanno pensato di rispolverare e di utilizzare un progetto già bello e pronto in tutti i suoi dettagli. Alla fine dell’Ottocento, un ingegnere partenopeo di famiglia anglosassone, Lamont Young, ideò un’espansione della città in quell’area periferica. Nina e Pietro non c’erano ancora, ma lo zio Raffaele ed il nonno Peppiello, con la loro chitarra e la loro fisarmonica, erano già lì. E c’era anche la casa piena di luce e dalle finestre spalancate. Della fabbrica di acciaio, neanche l’ombra. Nei suoi progetti l’ingegnere disegnò una rete di canali navigabili da battelli a vapore, dei laghi artificiali, un grande traforo-canale di collegamento con il cuore della città, una rete metropolitana con treni a vapore, una rete ferroviaria elettrica silenziosa e non inquinante interna al quartiere. Era un progetto a prova di impatto ambientale. Nelle sue relazioni descrisse il maestoso Palazzo di Cristallo al servizio della città, a beneficio di artisti, artigiani, scienziati e visitatori. Nel suo pensiero la costruzione doveva essere un luogo in cui le conoscenze scientifiche e tecnologiche, l’estetica e la cultura potessero essere trasferite alla popolazione tutta in modo immediato, appassionato e coinvolgente. La funzione del Palazzo di Cristallo doveva essere quella di istruzione e di formazione della mente e dello spirito. L’ingegnere di fine Ottocento voleva creare lì un centro di scambi culturali diretti tra scienziati, tecnici, artisti e persone comuni. Aveva ideato quel palazzo in cristallo, acciaio e colonne in ghisa per ospitare convegni, conferenze, mostre, spettacoli, riunioni musicali, ristoranti, circoli, giardini coperti, teatri, caffè, gallerie d’arte, serre, sale per esposizioni, museo dell’artigianato, museo industriale. Aveva progettato un’enorme sala congressi coperta da una spettacolare cupola ellittica, per creare quel contatto diretto tra le persone comuni ed i geni del sapere. Voleva lì, in quel posto, un luogo in cui tutta la città avesse a portata di mano uno strumento per ampliare e per completare le sue conoscenze. I canali navigabili ed i laghi sarebbero serviti per organizzare regate, esposizioni marittime, piscicoltura. I colori dominanti sarebbero stati l’azzurro dell’acqua ed il verde di giardini italiani, all’inglese, tropicali, della pineta. Ampio spazio sarebbe stato dedicato a verde pubblico, ma anche privato, di edilizia residenziale. Proprio l’aumento delle aree edificabili avrebbe consentito di raccogliere capitali privati per finanziare il maestoso progetto pubblico per la città del futuro. Le vie di comunicazione tra le varie parti di questo immenso parco-quartiere metropolitano, sarebbero state costellate di ponti e di passerelle metalliche ed in legno per sopra passare corsi d’acqua e linee ferroviarie. Percorsi pedonali coperti, fiancheggiati da file di botteghe e di negozi, avrebbero costituito una ragnatela di gallerie di comunicazione tra i vari edifici. Spazio per la musica all’aperto era stato ricavato nelle casse armoniche disposte nel verde pubblico. La pineta avrebbe ospitato cervi, daini, capre esotiche e vaccherie con annesso edificio latteria e botteghe per la vendita di prodotti tipici. Negli spazi all’aperto avrebbero trovato posto attrezzature sportive, campi da gioco e spazi per esercizi ginnici a disposizione dell’intera città. Non mancavano nel progetto uno stabilimento balneare, un grande albergo ed uno stabilimento idroterapico. Punte di diamante dello stabilimento balneare sarebbero stati un tratto di spiaggia coperto, un’adiacente area in acqua coperta ed ombrosa sulla riva ed un pontile, che si addentrava nel mare per una lunghezza di quattrocento metri, per terminare con una rotonda panoramica all’estremità. Il lungo pontile avrebbe avuto una pensilina inferiore in acciaio ed una terrazza sovrastante. Avrebbe consentito delle passeggiate in mezzo al mare ed un panorama dall’acqua sul golfo, sulla spiaggia dalla sabbia dorata, sulla collina di tufo con la pineta, il bosco di castagni e la strada a tornanti e sulla piccola isola. Il grande albergo era un edificio ideato sia al servizio delle strutture congressuali del Palazzo di Cristallo e di persone che venivano in città per lavoro, sia ad uso di persone in vacanza per elioterapia, per cure termali, per visite archeologiche e per turismo in generale. Una grande cupola in ferro e vetro con belvedere al colmo avrebbe sovrastato i giardini d’inverno con piante esotiche. All’interno del grande albergo avrebbero trovato spazio gallerie con negozi, vasche per le cure termali, serre, ristoranti, salottini, sale da ballo, sale per concerti, gallerie di belle arti, servizi postali, sale per piccole esposizioni e per convegni. Ci sarebbe stato in piccolo, al servizio dell’albergo e dei suoi clienti, tutto quello che il nuovo quartiere, nel suo insieme con le sue strutture, poteva mettere a disposizione dell’intera città. Lo stabilimento per i bagni termo-minerali sarebbe stato in grado di ospitare tremila persone. Poteva essere utilizzato sia per cure giornaliere, sia per lunghi soggiorni, era dotato di stanze d’albergo al servizio di infermi e di invalidi e poteva nel contempo, senza interferenze, soddisfare anche le persone che fossero lì solo per cure di bellezza e per riposo. Era fornito di ristoranti, di scuola di nuoto, di vasche da nuoto di acqua dolce, di mare e minerale, di fisioterapisti per ginnastica medica. Nell’insieme del progetto dell’ingegnere di fine Ottocento c’erano il ponte a mare, lo stabilimento per i bagni marini, il grande albergo, lo stabilimento termo-minerale con annesso albergo. C’erano le pensioni, gli appartamenti, le camere ammobiliate. C’erano il giardino zoologico, i laghi artificiali, il casino di caccia, i canali navigabili. C’erano i ristoranti, i caffè, le birrerie, il giardino tropicale, la fagianeria, il pineto, il giardino italiano, il giardino inglese. C’erano la pista di pattinaggio, i campi da tennis sull’erba, il campo di calcio, le casse armoniche, il Palazzo di Cristallo con giardino annesso. C’erano la ferrovia elettrica e quella metropolitana e le loro stazioni di manutenzione e di esercizio. C’erano i suoli edificatori, il campo delle corse, il campo di cricket. Se si escludono i canali navigabili, i laghi artificiali e lo stabilimento termale, il progetto dell’ingegnere di fine Ottocento è stato quasi riproposto tal quale dopo la dismissione della fabbrica di acciaio. Anche la proposta del progetto di autofinanziamento con i capitali privati, provenienti da edilizia residenziale, è stata copiata in pieno.”
©Paola Morgese, Pezzi di cioccolato, CreateSpace, USA, 2017, pagine 66 – 69. http://www.facebook.com/PezzidicioccolatoPaolaMorgese/
Bibliografia: Giancarlo Alisio, Lamont Young. Utopia e realtà nell’urbanistica napoletana dell’Ottocento, Officina Edizioni, Roma, 1984.
Villa Ebe (dal nome della giovane moglie di L. Young) a Pizzofalcone. Non più visibile dal basso e parzialmente distrutta da un incendio, forse doloso, nel 2000, fu l'ultima residenza di Lamont Young, che vi morì suicida.
Per leggere un intervento della stessa autrice, Paola Morgese, sulle Quattro giornate di Napoli, fai clic qui.
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