FRANCESCO II di Eugenio Donadoni
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FRANCESCO II DI BORBONESabato 22 novembre 2014, nella Chiesa di San Ferdinando di Palazzo, mons. Damiano La Rosa ha celebrato una messa in suffragio dell’ultimo Re di Napoli, Francesco II di Borbone, a 120 anni dalla sua scomparsa, alla presenza di Carlo di Borbone delle Due Sicilie, nella sua qualità di erede al trono di Napoli. Il Principe, arrivato a Napoli il giorno precedente, ha voluto recarsi a San Gregorio Armeno, dove è stato accolto con tutto il calore dei napoletani tra sventolii di bandiere ed inno borbonico, in un vero e proprio “bagno di folla”.
Alla cerimonia, da sempre organizzata solo dal movimento neoborbonico, quest’anno per la prima volta, uniti nella preghiera, hanno partecipato anche i cavalieri e le dame della Delegazione Napoletana dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Ma forse val la pena ricordare la figura di Francesco II, più noto come Francischiello, spesso irriso e denigrato. Figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia, da pochi mesi beatificata, era molto religioso e di carattere timido e mite. Regnò solo 15 mesi e, sicuramente, a giudicare dalle prime iniziative, sarebbe stato un ottimo re: aveva infatti sin dall’inizio avviato significative riforme burocratiche e sociali in favore delle classi più disagiate, pur commettendo anche qualche errore, come affidare il Ministero degli Interni a Liborio Romano o non sostituire alcuni vertici militari. Durante il suo regno la situazione finanziaria dello stato era ottima e fu varata a Castellamare la “Borbone”, una fregata di 60 cannoni che andò a completare la già potente flotta napoletana, che, inspiegabilmente, non tentò nemmeno di intercettare le navi di Garibaldi. Abbandonò Napoli per rifugiarsi a Gaeta solo al fine di evitare un bombardamento alla città e non certo per vigliaccheria, lasciando a Palazzo, contrariamente ad altri, tutti i suoi averi; quando però dall’esilio chiese al “cugino” Vittorio Emanuele un crocefisso a cui era molto legato, il Re d’Italia glielo rifiutò dicendo che era un “bene dello Stato”. Nell’assedio di Gaeta si comportò eroicamente e con grande dignità, così come durante tutto l’esilio. Morì ad Arco di Trento;  solo al momento dei funerali, cui parteciparono quasi tutti i reali di Europa, gli abitanti del luogo si resero conto che il sig. Fagiani, un tranquillo gentiluomo molto gentile e cortese, ma spesso triste, altri non  era che l’ultimo Re del più grande stato dell’Italia preunitaria.

Eugenio Donadoni

 

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