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di Nicola Montanile Se arriva, si sbuffa; se non arriva ci si offende, o, perlomeno, si fa finta di esserlo; comunque, fatto sta che, arrivi o non, ci si offenda o si faccia finta, si pensa subito al regalo e all'abbigliamento. Si sta parlando delle partecipazioni alle nozze, il cui invito può essere diretto alla famiglia o personale, a voce o per iscritto o quello formale, vale a dire, il classico per “lavamiento 'e faccia”. Un tempo, nelle partecipazioni, erano i relativi futuri sposi ad annunciare il loro matrimonio, mentre oggi sono i suoceri e le suocere. Forse perchè vogliono rivivere il loro sposalizio, in quanto, un tempo, per nascondere la miseria, i promessi sposi li si facevano scappare, dicendo che “se n’erene fiuti” oppure l’innamorato “s’a era rubbata”; o perchè sanno che devono accollarsi un'altra bocca da sfamare, più quelle da venire. Sulle partecipazioni si legge il giorno, l'ora, la chiesa dove si celebra il matrimonio ed il luogo dove si va a pranzare, per cui non si può trovare nessuna scusa per eludere il supplizio fisico e "tascabile". Quando l'invito è personale, non c'è scampo, poiché, se è rivolto alla famiglia, è sempre il padre, il martire e chi, sfortunatamente, non c'è l'ha, è pronto il fratellino, la sorellina, lo zio zitellone o la zia zitella. C'è chi rinnova l'abbigliamento ad ogni matrimonio e chi va sempre con lo stesso abito; anzi, lo tengono conservato solo per i matrimoni, tanto è vero che, se un giorno lo mettono, pur non dovendo andarci, subito, per sfotterlo ma, il più delle volte, convinti, gli si dice: "Devi andare al matrimonio?" All'amico stretto si porta il regalo e, guarda caso, gli mancava proprio quell'oggetto per completare l'arredamento ed ora non c’è più bisogno di comprarlo, ma quando stanno soli “speriamo che non ne arrivino altri uguali, altrimenti, saremmo costretti a venderli o a regalarli a qualcuno”. E’ una forma di ipocrita cortesia senz'altro meno faticosa di chi, per una settimana, ha dovuto lavorare mentalmente e fisicamente nel girare per i negozi alla ricerca di qualche cosa da "accumparire", spendendo poco. Certo, per gli "squarcioni" e le "squarcione", il problema non esiste, in modo particolare, per quelle che portano il regalo senza essere invitate. La busta è l'unica forma di economia mentale, non di tasca ed è con la sua comparsa che il matrimonio assume anche il secondo nome "pagati il pranzo"e in alcuni sposalizi si notano persone che, alla fine del pranzo, appartandosi, mettono i soldi nella busta. Si regolano. La busta è l'anima del matrimonio, tanto che si va sull’altare anche dopo essere "scappati", soprattutto per recuperare i soldi spesi a qualche matrimonio a cui, invitati, si è partecipati. Gli sposalizi primaverili ed autunnali, climaticamente, sono sopportabili; quelli estivi sono "docce" fredde, ma resta il fatto, però, che gli sposalizi in sé e per sé "gonfiano", specialmente le parti basse del corpo. Si è sempre d'accordo, quando si va al matrimonio degli altri, che lo sposalizio debba avere alcuni aspetti fondamentali per non annoiare, per cui un pranzo non abbuffante, ma di qualità, la puntualità, località vicina, la celerità nel servire le portate e la brevità. Ma, al proprio matrimonio, si incappa immancabilmente nello stesso errore ed ecco le "stazioni" in cui si perde tempo: sfilata con le automobili, le "benedette" fotografie, mentre gli "affamati" aspettano al ristorante, il giro di cortesia per i tavoli, con lusinghieri apprezzamenti del pranzo in faccia e alle spalle..., ancora le fotografie, il cambiarsi gli abiti degli sposi per il viaggio di nozze e poi, nella nottata, si rimane nello stesso ristorante. Meno male che la "prima" notte non è più tale, ma soltanto un numerale, altrimenti con quello stress... La bomboniera finale è la ricevuta fiscale del pranzo, il cui menù è stato ordinato dagli altri, ma anche il sigillo di un tormento che, oggigiorno, inizia con la famosa lista di nozze, - vera e propria ridicola assurdità - quando si da “parole”, ovvero le promesse, che, negli ultimi anni a questa parte, non vengono più mantenute, dopo sfarzose cerimonie sia sulla Casa Comunale che in quella di Dio, per cui è meglio parlare di “mparulamiento”, parole, parole, che rispecchiano le nostre amministrazioni.
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