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Nel Settembre del 1943 la Federico II saccheggiata ed incendiata nei giorni che precedettero le “Quattro giornate di Napoli”.
L’uccisione di un giovane marinaio proprio sulla scalinata dell’Ateneo è tra gli episodi che scatenarono la ribellione di una parte della popolazione napoletana e dei suoi “scugnizzi” agli occupanti tedeschi. A causa di un interprete che non aveva osato contraddirlo, il comandante in capo delle forze armate tedesche a Napoli aveva confuso il termine scugnizzi con studenti. E pensò di vendicarsi contro gli studenti partenopei per un’azione condotta invece dagli scugnizzi a Piazza Ottocalli. Gli autoblindo tedeschi bloccarono l’intero Corso Umberto da Piazza Garibaldi a Piazza Municipio, intrappolando in questa area migliaia di cittadini, da utilizzare come pubblico per la loro rappresaglia. Con il pretesto di vendicare la mai avvenuta morte di un loro soldato ucciso deliberatamente da un colpo proveniente dall’Università o dagli appartamenti dei suoi impiegati in Via Mezzocannone, cominciarono ad invadere alcune case di Via Mezzocannone, sparando all’impazzata. Non trovarono studenti, perché era domenica e l’Ateneo era chiuso. Distrussero e incendiarono alcuni appartamenti a caso, caricarono sui camion gli impiegati, poi si diressero verso il portone di bronzo dell’Università. Lo sventrarono con alcuni colpi di mortaio e cominciarono il saccheggio dell’Ateneo: microscopi e varia strumentazione tecnico-scientifica furono caricati anch’essi sui camion, dove erano stipati gli impiegati. Incendiarono la biblioteca e parte dell’edificio. Nel frattempo all’esterno avevano raccolto una folla di circa settemila persone, in parte rastrellate per strada ed in parte fatte uscire a forza dalle case, divisa in due colonne: uomini da una parte, donne e bambini dall’altra, che facevano marciare lungo Corso Umberto sotto il tiro delle mitragliatrici verso l’ingresso dell’Università. Lì condussero anche un giovane marinaio* di un mercantile italiano che, come spiegava alla folla un funzionario fascista, sarebbe stato il responsabile della, inesistente, uccisione del soldato tedesco. A colpi di calcio di fucile il marinaio fu spinto sulla scalinata dell’Ateneo, mentre urlava la sua innocenza. Una telecamera montata su un carro armato leggero riprendeva la scena della folla e dell’edificio incendiato. Dapprima il marinaio fu forzato ad entrare dal portone, ulteriormente sventrato anche da una cannonata, per essere arso vivo nell’atrio in fiamme, poi fu tirato fuori e legato ad una delle porte roventi, per essere più facilmente visto dalla folla mentre urlava agonizzante, col metallo che gli ustionava la schiena. La folla fu costretta ad inginocchiarsi sotto la minaccia delle mitragliatrici, a guardare i soldati tedeschi che sparavano al marinaio che gemeva ed infine, alla sua morte, ad applaudire. (Bibliografia: Aubrey Menen, Four days of Naples, Seaview Books, New York 1979)
La nostra città è stata insignita di una medaglia d’oro al valor militare per le sue “Quattro giornate di Napoli”.
© 2010, Ing. Paola Morgese, PMP
* Andrea Mansi di Ravello (SA).
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