LE STELLE SON BELLE, MA I FIORI CI PIACCIONO DI PIU' - ovvero - W MACCHERONIA!
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Guida rossa della MichelinLa pioggia di stelle Michelin caduta sulla Campania (v. l’ultima guida "rossa", arrivata alla 58/a edizione) ha certificato la qualità della ristorazione campana, in costante aumento. Oltre che essere di gran lunga la prima regione del Sud per numero di esercizi segnalati (terza in Italia con 32 ristoranti, dopo Lombardia e Piemonte), la nostra Regione si distingue per essere la più dinamica a livello nazionale, con ben sei new entry. La Campania conta pure il più alto numero di ristoranti a due stelle: ben sei, cinque dei quali in provincia di Napoli (Don Alfonso 1890, L’Olivo del Capri Palace, Il Mosaico dell’Hotel Manzi di Casamicciola, i Quattro Passi, la Torre del Saracino) e uno in provincia di Salerno, il Rossellini’s dell’Hotel Palazzo Sasso a Ravello.

Il riconoscimento ottenuto dalla nostra ristorazione di qualità, oltreché consolarci parzialmente degli aspetti purtroppo criticabili dell'offerta turistica, ci induce ad una riflessione sulle ragioni di un fenomeno che appare finalmente in positiva controtendenza.
Crediamo di averne individuato almeno due.

Alfonso e Livia Iaccarino, chef e titolari di Don Alfonso 1890La prima potrebbe essere l’emulazione: il nascere e consolidarsi di alcune punte d’eccellenza (in primis il Don Alfonso 1890 di S. Agata sui Due Golfi) ha indotto i ristoranti dei paraggi a migliorarsi sensibilmente, non solo per reggere la concorrenza ma, riteniamo, soprattutto per motivi d’orgoglio. A tal riguardo, siamo indotti ad un’ulteriore considerazione: oasi d’eccellenza possono fare da traino all’intera economia del circondario, soprattutto se supportati dalle amministrazioni locali.
La seconda ragione si potrebbe ravvisare nella qualità della critica enogastronomica, di cui abbiamo numerosi esempi sia per quanto riguarda la carta stampata che radio e televisioni, non solo locali.

Antonio Fiore a un evento gastronomico dedicato alle donneA tal proposito siamo convinti si debba dare merito ad un giornalista "a 360 gradi" (non solo critico enogastronomico) e di grande spessore, le cui pagine costituiscono sempre una piacevole ed interessante lettura, a cominciare dalla rubrica "A TAVOLA" che tiene settimanalmente sul Corriere del Mezzogiorno. Parliamo di Antonio Fiore, alias il Critico Maccheronico, alias Grouchofiore.
"Maccheronia" è una sorta di club da lui ideato nel 2004 e tutt'oggi animato, nel quale una sempre più numerosa schiera di affezionati adepti ama incontrarsi periodicamente per testare un ristorante, degustare un cibo particolare o un nuovo vino, visitare un luogo attraente, sempre all’insegna dell’amicizia, dell’ironia (e dell’autoironia!), dello stare bene insieme.
L’agile penna di Antonio Fiore ci regala dalle pagine del Corriere del Mezzogiorno coinvolgenti descrizioni delle sue "incursioni" nei ristoranti d’Italia, in specie del nostro Sud.
Nulla sfugge al palato raffinato e tantomeno all’occhio attento del Critico Maccheronico: menù, carta dei vini, servizio, rapporto qualità/prezzo, hotellerie, ambiente, cordialità, climatizzazione, parcheggio... Persino le toilettes, com’è giusto che sia, ricevono un puntuale giudizio, stilato mediante l’attribuzione di un certo numero di fiori (…naturale, per Antonio Fiore…). L'acuto critico mostra di apprezzare "quel tocco femminile che sa dare il giusto valore ad ogni dettaglio" e, di contro, l’ambito riconoscimento "floreale" induce i ristoratori a migliorarsi sotto ogni profilo.
La lettura delle recensioni coinvolge il lettore nell’esperienza enogastronomica, una sorta di viaggio proustiano in cui un particolare, un sapore, una suppellettile o una canzone riportano in vita ricordi di un passato personale e collettivo, memorie di nostalgiche sonorità, opere cinematografiche o letterarie che possono arricchire di suggestioni anche ciò che gravita attorno al pasto: il tragitto a destinazione, le chiacchierate con i ristoratori, le rivelazioni degli chef... E come una strizzatina d’occhio suonano i divertenti giochi di parole e le metafore: ecco che un riccio diventa un "capriccio", un antipasto "una sonatina in tre movimenti", uno stuzzichino "un dettaglio rivelatore", paragonato a quello che nel film hitchcockiano Notorius era una chiave nella mano della Bergman.
Groucho MarxSempre ironico sul proprio coinvolgimento emotivo, Antonio Fiore, rigorosamente in incognito alla prima visita in un locale e puntualmente mascherato agli incontri maccheronici (occhiali, sopracciglia, naso e baffoni alla Groucho Marx [*]), è meticoloso nell’emettere le sue valutazioni, mai influenzate da mode effimere o dal chiacchiericcio mediatico. Contribuiscono alla positività del giudizio, oltre naturalmente alla qualità del cibo e delle materie prime, la passione dei ristoratori, la loro volontà di migliorarsi, la loro cordialità. Che si tratti di una cucina erede di una tradizione "alta" o "bassa", che si possa parlare di genialità dello chef o di "democrazia culinaria" poco importa, purchè il risultato sia eccellente, mai banale, né ossequioso ai dettami delle mode. Di conseguenza, se il Critico Maccheronico si sente "in dovere" di bissare la visita in un certo ristorante dove sono state offerte pietanze particolarmente gustose e, per ovvie ragioni di capienza dell’apparato digerente, non ha potuto rendere giustizia a tutte le portate, al lettore viene voglia di ripercorrere passo passo l’avventura gastronomica: di ritrovare quelle stesse tovaglie, quegli stessi piatti, quegli stessi quadri e magari anche quegli stessi tristi polpi che malauguratamente quella volta avevano inficiato l’entusiasmo del nostro critico. Rimarremmo quasi delusi a non trovarli più gommosi come ce li eravamo figurati, oppure se il ristoratore non sintonizza più la radio su quella "gracchiante" musica di Eros Ramazzotti. Viene da chiederci se, tornando al nostro ristorante preferito, riusciremo a guardarlo con gli stessi occhi o saremo tentati dall’osservarlo con gli occhiali grouchiani di un esperto appassionato di gastronomia.

In definitiva, nella convinzione che i giudizi della Michelin siano eccessivamente improntati alla pur grandissima tradizione francese (alla quale preferiamo comunque la nostra), siamo orgogliosi di affermare con sfacciata partigianeria: "Le stelle son belle, ma i fiori ci piacciono di più!".


Francesco Vigilante Rivieccio
Laura Vigilante Rivieccio
NAPOLINTERNOS ASSOCIAZIONE CULTURALE




Il logo del Critico maccheronico[*]  La scelta di Antonio Fiore relativa al logo e allo pseudonimo ci pare piuttosto arguta. Il logo è dato da una combinazione di occhiali, nasone, sopracciglia cespugliose, baffoni e grosso sigaro stilizzati che ricompongono la "maschera" di Groucho Marx. Lo pseudonimo è "Grouchofiore": nelle critiche del nostro ritroviamo infatti, quale piacevole condimento, un po’ dell’ironia e dell’essenza metafisica di quello che forse è stato il più grande dei fratelli Marx, creatore di un personaggio che è la parodia dell’uomo di mondo, distruttore che abbatte le ultime vestigia di una società ormai in sfacelo, nonché sarcastico maestro di giochi di parole (l’epoca dei fratelli Marx è quella della Grande Depressione: qualche analogia con la crisi della nostra epoca?...).