IL MELOGRANO |
There are no translations available. di Carolina Attanasio
Potrei essere felice ed appagato se non fosse per il mio fusto sbilenco, senza grazia, le foglie piccole e pallide, disdegnate perfino dal vento che, invece, accarezza sorridendo le fronde degli altri alberi facendole sussurrare divertite in un gioco complice e leggero. Ho provato parecchie volte ad unirmi al coro di voci di questo mio piccolo mondo ma, appena racimolo il coraggio di aprire bocca, il chiacchiericcio si ferma, tutti mi guardano con piglio severo, meravigliati del mio ardire. Non mi resta che ritrarmi nel mio angolo, di abbassare lo sguardo, di cercare in tutti i modi di diventare invisibile. Insomma, sono infelice e solo e passo il tempo a deplorare la mia bruttezza e a meditare su quanto sia dolorosa la vita. Eppure, certe volte, come un lampo, un pensiero attraversa la mente: e se avessero torto gli altri a sentirsi fieri per doni ottenuti gratuitamente, che l’inesorabile trascorrere del tempo potrà annullare o mutare? In fin dei conti, ho visto gli anni trasformare le piante più belle in rovi selvaggi e senza vita, splendide corolle reclinare stanche il capo, rami superbi contorcersi e seccare. Pensieri, però, che non danno conforto né speranza: anelo all’amicizia, voglio partecipare alle chiacchiere, sono stufo del silenzio e della sua preziosità che, pure, arricchisce e plasma lo spirito. Ho voglia di spensieratezza, altrimenti il risveglio di primavera sarà più triste e pesante e la malinconia di sentirsi solo tra tanti sarà insopportabile. A fine maggio, però, ho incominciato a sentire uno strano formicolio nel tronco, che partendo dalle radici, si propagava in tutti i miei rami dandomi uno strano languore. Cosa mi succedeva, stavo forse morendo? E, nonostante la mestizia della mia vita, ho avuto paura; mi sono guardato intorno cercando conforto e sostegno ma, come al solito, le altre piante, continuando a parlare tra loro, mi hanno ignorato. Rassegnato, mi sono fatto forza per affrontare, con coraggio, l’ultimo atto della vita e, invece, mi sono ritrovato ammantato di fiori, piccole corolle arancione, con pistilli gialli e tante palline rosse alla base, foriere di frutti succosi.
Anche gli altri abitanti del giardino si sono avveduti del mio cambiamento e, dopo un attimo di sbalordito silenzio, mi hanno,per la prima volta, rivolto la parola coinvolgendomi nei loro discorsi, discorsi futili che mi hanno, però, fatto sentire finalmente accolto nella grande famiglia. Com’è cambiata la vita! Non c’è un attimo di riposo, uno spazio di silenzio, tanto che, qualche volta, ne sento addirittura nostalgia ma, subito, mi rituffo felice in quel mormorio senza senso e dimentico in fretta la dolcezza di pensieri che accarezzano l’anima. Poi, sono venuti i frutti, grandi, succosi, dolci, ed è stata altra gloria. Ormai, occupo un posto preminente nella vita del giardino e non voglio neanche pensare a cosa potrà accadere quando la veste colorata si ripiegherà inerte sullo scheletro contorto del mio fusto…
Omignano Scalo, 14/6/12 |