di Nicola Montanile
Note di costume nostrano Altro vizio dei nostri centri è la "gioia" che si prova, quando accade qualcosa di "disgraziato": omicidi, suicidi, arresti. Il tutto riferito sempre alla realtà attuale. Si tratta del vecchio concetto di "mors tua, vita mea". L'avvenimento passa attraverso quattro fasi: "piacere", "processioni", "commiserazione", "rinfacciamento". Intanto si vendono molti giornali prima della pubblicazione della notizia e soprattutto dopo. Si compra il giornale non per sapere il fatto, bensì per leggere il nome ed il cognome del "malcapitato". Si badi bene, però, che non è uno "'ngiucio". Alla base del primo non c'è niente, soltanto supposizioni maligne. Alla base del "fattaccio" c'è, invece, un qualcosa di realmente accaduto. Ma anche in questo caso si susseguono svariate versioni. La notizia assume proporzioni sempre più crescenti da un quartiere all'altro e da un paese all'altro. Uccidono una persona in un quartiere... Già in un altro si dice che ne sono state uccise due, e così tre in un paese, quattro in un altro, fino alla strage. Ognuno il fatto lo vuole raccontare come gli fa comodo. Si smentiscono anche i mezzi di informazione. Si tirano in ballo o i discendenti, o la disoccupazione, o l'infelicità, o l'esaurimento, o una brutta malattia o l'avidità per il denaro. Gli elementi si stilano a seconda dell'avvenimento che si verifica. Subito inizia la tradizionale "processione" sul luogo del "delitto". Ci si reca soprattutto per essere ben informati da conseguire la "laurea" in materia. Si portano, ovviamente in pellegrinaggio, i soliti sparlatori. "O truenno quà juorno!" era la loro frase ricorrente. Questi zittiscono in piazza nel vedere avvicinare qualche parente o presunto tale del "malcapitato". Una seconda "processione" si snoda quando il "protagonista", in negativo o in positivo, perchè è la legge a deciderlo e Dio, si trova in casa. Scene di abbracci, strette di mano, felicitazioni e frasi tipo: "Io per te metterei la mano sul fuoco". È sufficiente, se proprio lo si vuole, la lingua. Inspiegabilmente si entra nella fase della "commiserazione", forse per una paura inconscia o per una coscienza non troppo pulita da parte di tutti. Comunque l'argomento è oggetto di commento per un paio di settimane. Ha la stessa durata della morte di qualcuno. Alla fine si dimentica tutto. Eppure, nei momenti di litigi paesani, la "macchia" la si usa come difesa personale, facendola riapparire col rinfacciarla. La Voce della Bassa Irpinia - Anno V Numero 1, 1 gennaio 1986
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