UN GIOIELLO SUL DECUMANO MAGGIORE: IL CONSERVATORIO DI S. PIETRO A MAJELLA |
There are no translations available. di Francesco Vigilante Rivieccio
Il San Pietro a Majella trae le sue origini da quattro orfanatrofi sorti nel ‘500 nelle zone più derelitte di Napoli, allora vicereame spagnolo: il Santa Maria di Loreto, il Sant’Onofrio, quello dei Poveri di Gesù Cristo, la Pietà dei Turchini. Il Santa Maria di Loreto fu il più antico, secondo Francesco Florimo, il grande bibliotecario dell’Ottocento che ci ha lasciato un’importante “Storia dei Quattro Conservatori”: iniziò le attività il 29 giugno 1535, non lontano da Porta Nolana. Il Sant’Onofrio, situato nei pressi di Porta Capuana, ospitò una numerosa scolaresca di castrati (o bambini “scogliati” come si diceva nel gergo dell’epoca), una terribile piaga del costume musicale di allora. Vivevano sottoposti a un controllo molto rigido, quasi reclusi, e separati dagli altri allievi per non subirne gli sberleffi. Alloggiati in stanze più belle e meglio riscaldate, ricevevano un vitto migliore a compensare, per quanto possibile, uno stato di profondo disagio psichico, prodromo talvolta del suicidio.
L’antico convento, che tuttora ospita la gloriosa istituzione partenopea, già nella particolare struttura architettonica colpisce il nostro sguardo. Varcato il portale d’ingresso, sormontato dall’iscrizione marmorea “Regio Conservatorio di Musica” incorniciata da decori in stucco rappresentanti strumenti musicali, il visitatore può ammirare il primo dei due monumentali chiostri, ornato nelle sue volte da fioroni seicenteschi e delimitato in alto da un doppio ordine di finestre. Su un lato del chiostro, abbellito da aiuole, è collocato il notevole monumento marmoreo di Francesco Jerace raffigurante Ludwig van Beethoven (1927). Su questo chiostro si apre la più ampia delle sale del Conservatorio, la Scarlatti, recentemente restaurata, probabilmente in origine la sala capitolare del convento. Da questo chiostro si accede al monumentale scalone che conduce ai piani superiori che ospitano le aule (ricavate in buona misura dalle antiche celle dei monaci), la Direzione, l’Archivio Storico, il Museo. L’Archivio Storico comprende un vasto patrimonio documentale, a partire dalle carte dei quattro istituti di cui si è detto; tale documenti, ancora in buona misura inediti, costituiscono una ricchissima fonte di “memorie” che consentono di ricostruire non solo la storia di cinque secoli di musica a Napoli, ma anche, più in generale, quella delle vicende che travagliarono la vita della nostra città.
Il Museo è di una ricchezza inimmaginabile: possiede, tra l’altro, la raccolta più numerosa in Europa di strumenti d’epoca restaurati e perfettamente funzionanti! Possiamo ammirare un clavicembalo del 1636 di Andreas Ruckers, finemente decorato con motivi floreali, il pianoforte appartenuto a Domenico Cimarosa (Adam Beyer, Londra 1780) a lui donato da Caterina II di Russia e quello appartenuto a Giovanni Paisiello (Kirschnick, San Pietroburgo 1781) anch’esso dono di Caterina II. Un’autentica meraviglia di Johann Andreas Stein, costruttore molto caro a Mozart, è il pianoforte e cembalo a tre tastiere costruito nel 1783. Violini, viole, violoncelli, contrabbassi, viole d’amore (°) offrono straordinari esempi del grande passato, anche di Napoli, nell’arte liutaia. Vi fu una vera e propria scuola “napoletana”: ricordiamo, per tutti, i Gagliano, a cominciare dal capostipite Alessandro nato a Napoli intorno al 1660. D’eccezionale pregio è un violoncello del veneziano Mattia Goffriller (1708), esposto dal 1916 di fronte alla sua copia, realizzata da Vincenzo Postiglione (Napoli, 1831 – 1919). Naturalmente non mancano mandòle e, in omaggio alla tradizione partenopea, al di là degli stereotipi, mandolini di pregevolissima fattura. Vero e proprio simbolo della collezione è la piccola arpa costruita da Antonio Stradivari (il più celebre fabbricante di violini che la storia ricordi – Cremona, 1644 – 1737), finemente scolpita in legno di pioppo. Si tratta di uno dei soli tre esemplari esistenti al mondo.
È lungo l’elenco dei personaggi più o meno famosi che hanno dato il loro contributo di arte, passione, ingegno e anche di duro lavoro per costruire il grandissimo “giacimento” di cultura rappresentato dal nostro conservatorio. Mi sembra doveroso citare almeno Francesco Florimo, bibliotecario/archivista dell’800; Rocco Pagliara, poeta, musicista, studioso d’arte, che continuò per venticinque anni l’opera del primo; Salvatore Di Giacomo, Roberto De Simone. Un’ultima curiosità, la tradizione dei cosiddetti “maestrini”: erano gli alunni più esperti e bravi ai quali veniva assegnato il compito di istruire ed assistere i più giovani. Ricordiamo per tutti il grande Francesco Cilea (1866-1950), nominato per l’appunto “primo alunno maestrino”. Francesco Vigilante Rivieccio (°) Le spiegazioni più attendibili sull’origine dell’appellativo si rifanno alla testa di amorino scolpita su molti degli esemplari pervenutici, oppure, più probabilmente, alla dolcezza del suono emesso. I SOCI DI NAPOLINTERNOS HANNO POTUTO VISITARE IL CONSERVATORIO DI SAN PIETRO A MAJELLA IL 12 FEBBRAIO E IL 5 MARZO DI QUEST’ANNO. LE VISITE SONO STATE POSSIBILI GRAZIE ALLA GRANDE DISPONIBILITÀ DEL MAESTRO PATRIZIO MARRONE, DIRETTORE DELLA PRESTIGIOSA ISTITUZIONE, DELLA PROF.A GIOVANNA FERRARA, DOCENTE DI STORIA ED ESTETICA DELLA MUSICA, E DEL SIG. GIUSEPPE MONETTI, BRILLANTE ALLIEVO PROSSIMO ALLA LAUREA. NAPOLINTERNOS LI RINGRAZIA PER LA GRANDE PROFESSIONALITÀ ED ABNEGAZIONE CON LE QUALI, DANDO LUSTRO AL NOSTRO GLORIOSO CONSERVATORIO, DANNO ALTRESÌ LUSTRO ALL’INTERA CITTÀ DI NAPOLI. |